Carlo Barone
Un pianto argentino
“Cos’è questa scarica salata?” si chiedeva Jerry Seinfeld, quando si trovò a piangere dall’emozione per la prima volta… È una bella domanda.
Il pianto è una delle reazioni umane più spontanee ed esplosive, che denota un’emozione forte - non necessariamente negativa o positiva. Nel nostro campionato, i massimi esperti sono Gasperini e Mourinho, ma anche Inzaghi si è dimostrato un degno rivale.

Scherzi a parte, l’immagine di serata, dopo Juventus-Lazio, è stato un Dybala che ha aperto la diga dei propri occhi, prorompendo in una lacrimazione disperata, un profluvio emotivo che, onestamente, non si vedeva in quel di Torino da parecchio tempo, forse mai visto prima.
Gli ultimi mesi della Joya a Torino sono stati effettivamente potenti. Ci chiediamo quindi cosa abbia portato a una reazione così tanto viscerale da parte di Paolino.
Il benigno
I più hanno subito pensato a una spontanea reazione emotiva nei confronti di una società che si è comportata a onor del vero in maniera discutibile nei suoi confronti: il leader tecnico della squadra scaricato quattro a zero, lasciato libero di andarsene a zero dopo 7 anni, nonostante promesse di centralità nel progetto, di acquisti mirati e compagnia cantante, tutto bellissimo… fin quando non arriva lo scorno, le fredde parole di Arrivabene in conferenza che lo scaricano senza tanti giri di parole.
Non è un bel trattamento, no, a prescindere da motivazioni, contesto e quant’altro. La società avrà avuto le sue ragioni (e ne abbiamo abbondantemente discusso qua), però è oggettivo che ci sia stata poca chiarezza, tanti ribaltoni e un rinnegamento del famoso “accordo totale” concretizzatosi con una stretta di mano ad ottobre.
Oltretutto, e questa è una cosa che sembra un po’ passata in sordina, la società non ha fatto niente di niente nell’ultima partita. Solo tante incensazioni a Chiellini, ma neanche uno squallido Tweet di ringraziamenti a un giocatore che comunque sono 7 anni che è in rosa e che ha fatto più di 100 gol con la Vecchia Signora.

È comprensibile quindi che Dybala abbia reagito così, con lacrime dolorose e potenti, dinanzi ad una società ingrata che ha trattato così male uno dei giocatori che, a conti fatti, entra a buon diritto nel novero dei veterani.
Il maligno
Una vocina in molte teste, però, ha lasciato lì un’altra visione: le stra-classiche lacrime di coccodrillo. Sono mesi e mesi che questo ragazzo sta flirtando con l’Inter, cosa che molti juventini stanno prendendo quasi come un affronto personale.

D’altronde, Dybala è stato sette anni alla Juventus, sa cosa rappresentano quelli là per noi e soprattutto come vengono trattati gli ex che finiscono lì (Conte, Marotta, e mille altri, visto che, senza copiarci, quelli là non sanno dove andare). Andarci significherebbe un voltafaccia ideologico che sarebbe troppo potente per non essere fatto apposta, in altre parole: sarebbe palese che della Juve non gliene sia mai importato granché.
La giusta via di mezzo
Siccome le persone sono complesse, hanno lati che non conosci (cit.), sarebbe molto limitante e scolastico ridurre ai due estremi succitati cosa abbia portato Paolino a uno sfogo emotivo così importante.
La realtà è che Dybala ha passato mesi sicuramente non facili, per più motivi: grane fisiche sue, il dubbio costante del rinnovo, l’essere scaricato dalla Juventus, i risultati sportivi deludenti, un sacco di cose che non hanno funzionato e in generale una forte sensazione di rimpianto per cosa poteva essere e non è stato.
Secondo noi c’è di tutto un po’, sia nel bene sia nel male: al di là di proclami suoi o meno, il flirt con l’Inter è palese e va avanti da un po’, alcuni di noi pensano che non si aspettasse una reazione così “calda” (anche se non da parte di tutto lo stadio) al suo addio da parte dei tifosi, e sicuramente un po’ di rimpianto per quello c’è, nel vedere così tanto affetto da parte di una tifoseria che avrebbe avuto ben ragione a sentirsi “tradita”. Un affetto così inaspettato può altro che causare un pianto così.

La succitata questione del non essere stato minimamente considerato dalla società nonostante fosse, a tutti gli effetti, anche la sua last dance nell’incontro con la Lazio è stata causa ulteriore di tristezza.
Andando avanti… C’è il rimpianto di 7 anni di Juventus in cui non è stato mai realmente in grado di fare quel salto da giocatore semplicemente forte a fuoriclasse puro. Il rimpianto di essersi affidato ad amicizie e frequentazioni discutibili, non ultimo il cranio fallico senza patentino cui ha affidato il prosieguo della sua carriera che, è evidente, ha fatto un lavoro pessimo.
C’è il rimpianto di essersi probabilmente bruciato a neanche 29 anni la chance migliore della sua carriera. C’è sicuramente l’astio nei confronti di una società che ha sempre fatto voto di tenerlo in palmo di mano, ma che, a conti fatti, mai ha fatto così. C’è un rapporto con Torino che sicuramente era buono, gli argentini sono rinomati per legarsi tantissimo ai posti in cui stanno bene.
Semplicemente, è il meritato sfogo di un turbinio emotivo che colpisce tutti. Se tutti noi abbiamo problemi emotivi e crisi di questo tipo, per il lavoro che non si trova, il capoufficio mobbista, la famiglia che non gira, ecc… figurarsi se non può averne diritto lui, anzi - è giusto e naturale uno sfogo così ogni tanto. Dice molto della persona, al di là del mondo colorato e idilliaco dove può vivere un calciatore.
Grazie mille Paolino. Al di là di tutto, ci mancherai.