Con Juventus 2-1 Venezia, il campionato di Serie A della Signora si è, di fatto concluso: il pareggio della Roma conferma la matematica partecipazione dei bianconeri alla prossima Champions League.
Ci sono da fare tante considerazioni: analizzeremo caso per caso, con riferimenti al citato incontro coi lagunari, ma non solo.
L’allenatore
Non si può non partire da Allegri: parlando in termini assoluti, peggiorare il rendimento di Pirlo sembrava impossibile, ma ce l’abbiamo fatta (cit.). La precoce qualificazione in CL non lenisce il dolore di una stagione passata all’insegna della mediocrità.
Perché è questo il problema: da un tecnico che percepisce un ingaggio da Top-10 mondiale e che arriva in pompa magna con premesse di “creare valore” ci si aspettava ben altro impatto. Le attenuanti non mancano, e ne discorreremo più in là, ma è oggettivo che sia stata un’annata dinosauresca, quasi fossile.
Nella gara coi lagunari questo si è visto: venti minuti scarsi di gioco accettabili, seguiti da molta sofferenza, un vantaggio sfangato e dei cambi al settantacinquesimo minuto che hanno fatto chiaramente vedere come il livello del terrore fosse sul codice marrone.
Sul lato “giovani”, neanche parliamone: Kulusevski silurato frettolosamente, prima presenza da titolare concessa a un U23 alla quart’ultima gara, che ha fatto in 84’ più di quanto fatto da Arthur, Locatelli e Danilo in quel ruolo in un anno intero. Chiaramente anche qui, il contesto e la situazione erano estremamente rilassati e banchi di prova più pressanti saranno d’uopo, ma, alla luce di quanto visto contro gli arancioneroverdi si poteva rischiare un po’ prima un Miretti, soprattutto alla luce di molte prove rivedibili dei suoi competitor?
Di altri (Soulé, Aké, ecc…) manco l’ombra, rischiati in pochissimi frangenti, sempre con minutaggio risicatissimo, fiducia zero. L’unico “valore creato” si è visto in giocatori tipo Rabiot, che è passato dall’essere dannoso all’essere appena sufficiente. Per il resto, poco altro.
Insomma, come voto ad Allegri siamo sulla sufficienza stiracchiata, banalmente perché l’obiettivo minimo in campionato è stato centrato, e in Coppa Italia è in corsa per vincere. La pessima figura in Champions e il non essere mai veramente stato in lotta per lo scudetto in una delle annate di più basso livello nella storia recente della A inficiano, di molto, la valutazione.
La squadra
Questa squadra ha lacune, tante e gravi; le succitate attenuanti per l’allenatore sono una rosa con poca qualità, una sfilza di infortuni da fare invidia a un bollettino di guerra, Ronaldo che scappa con la coda tra le gambe a tre giorni dalla fine del mercato, il supposto uomo di punta che getta la spugna, Chiesa che si rompe il crociato e in generale il trovarsi costretto a usare come titolari personaggi che sono semplicemente inadeguati.
Un paragrafo a parte lo merita Bernardeschi, che si è dimostrato un giocatore di una stupidità impressionante: gli errori che compie non sono semplici imprecisioni, sembra esserci dietro la curiosità scientifica di capire fin dove può spingersi l’idiozia umana.
Contro il Venezia in particolare, c’è stato un momento in cui si è scagliato addosso a un difensore come un sacco di patate, buttando via il pallone, cercando un rigore che non avrebbe fischiato neanche Giampiero Mughini. Se per alcuni si può fare il discorso “un rinnovo a poco lo merita”, su di lui neanche quello. Via, via, via, basta con questi giocatori.
Altri personaggi come Rabiot, De Sciglio, ecc… sono mediocri, tanto, e non dovrebbero fare parte di una squadra che noi tifosi vorremmo vedere giocare. Chiellini, infine, è veramente alla frutta: i maligni lo accusano di aver fatto due anni il falso invalido per tenersi esclusivamente per la nazionale, che è una tesi per certi versi ingrata, e che non smentiremo né confermeremo; sicuramente, a 38 anni, il suo l’ha fatto, ed è giusto che le strade si separino.
Non tutto è da buttare, però: molti, noi compresi, a inizio anno avevano tirato dietro a Szczęsny una considerevole quantità di macumbe, alle quali il polacco ha risposto con una forza mentale impressionante, sfoderando ottime prestazioni in serie e parando molti rigori.
In difesa, Danilo e de Ligt sugli scudi, il primo per la duttilità e la dedizione alla causa mostrate, il secondo perché sta finalmente esplodendo sui livelli assurdi visti all’Ajax. In mezzo, citiamo Locatelli, calatosi bene nel mondo Juve al netto di stanchezza e qualche noia fisica, e McKennie, la cui stagione finisce troppo presto. Chiesa, finché c’era, ha tirato la carretta egregiamente. Big up poi per Zakaria, bel colpo.
Vlahovic fa il suo: saltare da una provinciale che gravita tutta su di lui a una Juve dove viene costretto alla lotta greco romana coi pennelloni di due metri sempre alle calcagna giustifica in parte il piccolo calo riscontrato di recente. Il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette.
Su Dybala, infine, non ci dilungheremo, lo abbiamo già fatto fin troppo. Diremo solo che sta finendo la sua esperienza alla Juventus in maniera decisamente triste.
La dirigenza
Il cambio al vertice de facto dà speranza: al di là della scelta di Allegri, palese canto del cigno di Agnelli, la dirigenza effettivamente è conscia di dover puntare su gente giovane, di dover fare investimenti pesanti se vuole alzare il tiro, e ogni tanto di doversi fare sentire - perché, ricordiamolo, il silenzio non è superiorità, ma coda di paglia…
Arrivabene e Cherubini gestiscono “bene” l’annata; il virgolettato è perché un minimo di confusione c’è stata, scivoloni ne sono stati fatti e gestire una squadra in questa situazione porta sempre a commettere qualche errore, la querelle sul rinnovo di Dybala in primis. Tuttavia, la linea tracciata sembra già palese e chiara.
Agnelli è praticamente sparito, e francamente… va bene così. Se apparire pubblicamente significa fare cosa ha fatto negli ultimi due anni, meglio che abbia abbassato il profilo. Stessa cosa dicasi di Nedved - per inciso, il suo ruolo basico in società era mantenere buoni rapporti con un certo procuratore, tragicamente passato a miglior vita di recente… è una considerazione molto cinica e per certi versi irrispettosa della morte di una persona, ma il trapasso di Raiola potrebbe avere anche questa conseguenza.
Il tifo
Menzione finale per lo stadio: fra le pochissime cose buone fatte da Agnelli negli ultimi due anni, c’è l’aver preso più distanza possibile dagli ultras. Tuttavia, l’effetto collaterale è una certa qual disorganizzazione all’interno dello stadio, per quel che concerne il tifare, cantare e simili.
Detto che è in primis l’entusiasmo a spingere un tifoso a incitare e a cantare, e di momenti entusiastici quest’anno se ne sono visti ben pochi, ma lo stadio canta fondamentalmente per sfottere la tifoseria avversaria, fischiare giocatori anche propri, e tributare ovazioni a personaggi sul cui merito si potrebbe opinare - ogni riferimento a Chiellini o Dybala non è puramente casuale.
Insomma, i tempi in cui lo Stadium era una bolgia e portava praticamente da sola la Juventus di Conte a vincere sembrano un vago ricordo. Anche questo è un aspetto su cui converrà agire.
Conclusione
Insomma, un’annata fra le più difficili recenti va praticamente in archivio. C’è ancora una Coppa Italia che potrebbe dare un sapore diverso alla fine d’annata, però il grosso è fatto. Si può fare di meglio? Assolutamente. Ci sono le potenzialità per farlo? Sì. Ce la faremo? Dipende soltanto da noi.
Fino alla fine, Forza Juventus!
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