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La magia del numero Dieci sulla porta dello spogliatoio Juventus

“I calciatori della Juventus hanno fatto una grande cosa, possono esserci solo applausi”, sono le parole pronunciate dal giornalista Stefano Tamburini qualche giorno fa, in riferimento al gesto da parte della società e dei calciatori di rinunciare allo stipendio durante il periodo di inattività. A tal proposito, come sottolineano i vertici del calcio italiano, una medaglia “all'etica professionale” è cosa buona e giusta. Senza troppi giri di parole, a partire dai calciatori c’è stata una responsabilità che ha certificato l’essere uomo prima ancora di essere calciatore di una società.

Una scelta che fortifica il gruppo e che conferma ancora una volta la carica dello spogliatoio bianconero, il quale noncurante delle numerosissime critiche degli scorsi mesi dimostra di essere colmo di esperti di calcio consapevoli del valore del gruppo durante la stagione. Insomma, la decisione riguardante il taglio dello stipendio giunge dai piani alti della società, aiutata dal blocco di veterani della rosa. Amici e colleghi di grandi battaglie dentro e fuori dal campo, come nella situazione di attuale difficoltà. La proposta del capitano Giorgio Chiellini è stata accolta da tutto il gruppo, che ha mostrato con umiltà quanto conti in questo momento essere razionali, senza pensare al proprio valore economico e al proprio numero di maglia. Ebbene sì, perché per questa nobile decisione, tutti dal primo all'ultimo meriterebbero una Dieci alla professionalità.


Il Dieci storicamente è il numero più affascinante, spesso indossato dal giocatore con più fantasia e geometria, ma allo stesso modo affidata al calciatore che dimostra più responsabilità in campo e fuori dal terreno di gioco. Il numero Dieci rappresenta semplicemente il volto, l’esempio della squadra. Dopo il presidente e l’allenatore, il componente che noi tutti consideriamo maggiormente è inevitabilmente il numero Dieci, possiamo starne certi. Questa maglia dunque, anche per la Juventus, è stata storicamente il simbolo della responsabilità e la causa delle nostre emozioni più sincere.

Molti fantasisti sono nella nostra memoria grazie ai racconti dei nostri nonni o semplicemente li abbiamo osservati in documentari storici del club. Uno di questi è stato Omar Sivori, arrivato alla Juventus nel 57’ dal River Plate per sedici milioni di pesos. Vince tre scudetti e forma in quel periodo, il Trio Magico insieme a Boniperti e Charles. Nel 1961, conquista anche il Pallone d’Oro, il riconoscimento maggiore per un calciatore a livello personale. Il suo Dieci ha rappresentato fantasia, spensieratezza e soprattutto determinazione. Da ricordare anche l’irlandese Liam Brady, un esempio di lealtà e fedeltà ai colori. Un numero dieci che ha saputo incarnare a pieno la filosofia del “fino alla fine”, quando in quel Catanzaro - Juventus della stagione ‘81-82 segnò con freddezza il rigore decisivo che portò alla seconda stella sul petto. Liam Brady sapeva già tutto, sapeva di essere stato venduto per dar spazio a Platini e Boniek ma da geometra fedele della Vecchia Signora non si scompone, e con orgoglio piazza il pallone alle spalle del portiere avversario. Un esempio di amore, un Dieci in tutti i sensi, un giocatore consapevole del proprio destino ma allo stesso tempo consapevole di dover regalare l’ultimo grido di gioia alla sua gente.




Comincia l’epoca di Michel Platini, il francese che ha fatto innamorare l’Avvocato regalando gioie sul campo e divenendo un simbolo degli anni ‘80 per tutto il movimento calcistico italiano. Le Roi ha vinto praticamente tutto, con la tranquillità dei veri campioni. Platini ha indossato la maglia numero Dieci dandole un valore unico: un concentrato di maturità, sicurezza, genio e fantasia. Un calciatore che ha saputo raccogliere innumerevoli aggettivi dentro quel numero. Michel è stato semplicemente la favola più dolce che l’Avvocato abbia mai vissuto. Dopo qualche anno, a fare la storia della Juventus con quella maglia, è Roberto Baggio, il “Divin Codino”, patrimonio del calcio italiano. Un “Raffaello”, per rimanere fedeli al vocabolario dell’Avvocato. Un numero Dieci immenso che ha saputo farci innamorare con le sue giocate e il suo esempio ancora prima di divenire una bandiera bianconera. Roberto ha vinto poco con la casacca della Vecchia Signora ma ha conquistato tantissimi piccoli tifosi dell’epoca. Un uomo saggio e pulito in campo, semplicemente il numero Dieci per eccellenza.




Dopo il fedele Liam Brady, il genio di Platini e la classe di Roberto Baggio arriviamo al Dieci più Dieci della storia bianconera: sua maestà Alessandro Del Piero. La descrizione del Del Piero calciatore e uomo è difficile da raccontare perché Pinturicchio è genesi. Immensità del popolo bianconero. Rappresenta la passione per la maglia, il cuore della tifoseria, la ragione per cui siamo juventini, l’emozione dinanzi ai colori a strisce bianconere e per un goal segnato proprio “alla Del Piero”. L’opera d’arte di un movimento. Il ragazzo di Conegliano ha saputo racchiudere in quel numero tutta la sportività e la juventinità. Ha saputo esprimere l’etica di essere uomini prima che calciatori. Ha saputo unire uno spogliatoio porgendo sempre l’altra guancia al ribelle di turno. Alex ha dimostrato di saper essere il Signore perfetto per la Vecchia Signora non abbandonandola mai, divenendo il volto della società nel momento del bisogno durante l’incubo vissuto nella serie cadetta. In che modo? Con la personalità bianconera. Del Piero ha rappresentato l'essenza del motto “la maglia che indossi è più importante del nome che hai alle spalle”.




Questi numeri Dieci nella storia della Juventus confermano quanto la società bianconera nel corso della propria storia tra vittorie e sconfitte abbia sempre avuto la lucidità di saper scegliere prima l’uomo al calciatore. Tuttavia, l’atteggiamento mostrato dalla compagine guidata da Maurizio Sarri in questa stagione non sorprende affatto, perché l’etica e la responsabilità partono dalla persona. Ecco perché il vero numero dieci, dopo i tanti nomi storici (con l'aggiunta di Tevez e Pogba), è sicuramente il gruppo, lo spogliatoio. Dybala permettendo. Ma siamo sicuri che Paulo sarà d’accordo con noi.


Agostino D'Angelo

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