Ci vorrà qualche tempo per riprendersi dai concitati ultimi giorni del calciomercato della Juventus.
Dopo tre mesi passati sostanzialmente nell’immobilismo, dove l’argomento più entusiasmante erano gli incontri a cadenza settimanale di Carnevali e Cherubini, l’improvvisa cessione di Cristiano Ronaldo ci ha colpiti in faccia come una deflagrazione devastante.
Ovviamente una cosa simile non poteva che diventare l’argomento del giorno, se non della settimana, monopolizzando il discorso calcistico e mettendo in secondo piano tutto il resto.
In particolare una cosa: ma il Presidente che fine ha fatto?
Un silenzio assordante
Ultima uscita pubblica: tre settimane fa circa insieme a Laporta e Perez, ennesimo incontro legato alla SuperLega nel tentativo di tenere vita un progetto che pare nato morto a forza di incontri mensili che sembrano più fumo negli occhi che una progettualità vera e propria.
Poi, il silenzio.
Alla prima di campionato la faccia ce la mette Nedved che assicura la permanenza del portoghese.
Poi, una volta diventata certa la partenza del pluripremiato pallone d’oro è il momento di Allegri, che in conferenza stampa con lo spirito di chi si è appena tolto un dente che gli faceva male da giorni sentenzia «la vita va avanti».
Sì, vero, la vita andrà pure avanti, ma è proprio il caso che a dircelo sia l’allenatore?
Siamo capaci tutti così, Andrea
Tre anni fa ci eravamo scoperti tutti aero-entusiasti e tramite Flightradar si seguí in presa diretta il viaggio di Andrea Agnelli verso il luogo di villeggiatura di CR7. Foto di rito con lo champagne in mano e sorrisoni di tutti per l’accordo appena raggiunto con uno dei più grandi campioni della storia del calcio. Il sogno di ogni bambino, e fu giusto che in un momento storico di quella portata il presidente in persona si muovesse. Ma poi? Basta? Gli ultimi anni – in particolare quello appena passato – sono stati sportivamente ed economicamente difficili ad essere generosi e devastanti ad essere realisti, e l’assenza dalla vita pubblica juventina della figura apicale della società ha iniziato a farsi sentire.
Presa di coscienza
L'affaire Superlega ha fatto male un po’ a tutti, un progetto presentato in pompa magna come risolutivo di tutti i problemi che il calcio si porta dietro da anni e che si è sgonfiato ancora prima che qualcuno potesse davvero capire di cosa si trattasse.
Dolo doppio per Agnelli nella questione: sia come presidente ECA, nel quale ruolo si sarebbe dovuto comportare come garante di tutto il consorzio (ma che nella pratica sembra essere stato usato solo come strumento di cooptazione nel progetto originale della lega chiusa) e sia umano nei confronti di Ceferin – che non è un santo, tutt’altro – il quale pare aver preso molto sul personale la coltellata alle spalle di Agnelli, con cui icordiamo aveva un rapporto personale oltre che professionale.
Supponiamo che lo sciogliersi al sole della superlega dopo averci messo così tanto la faccia sia stato un brutto colpo per il presidente e che l’andamento sportivo deludente non abbia fatto altro che rendere ancora più amara la pillola da mandare giù, ma questa non è una giustificazione per nascondersi dietro a un dito e mandare avanti altri a dare giustificazioni – Allegri – o a fare sonore figuracce – Nedved.
In conclusione
È facile essere la figura apicale di una società quando va tutto a gonfie vele, meno quando le cose vanno in direzione contraria rispetto a quanto ci si aspetti.
È proprio nel secondo caso che si vedono le differenze tra un buon management e un management mediocre o incompetente.
Capita a tutti di sbagliare e il calcio è un settore sempre di difficile programmazione essendo gli introiti legati a stretto giro ai risultati sportivi, i quali sono impossibili da garantire.
Non siamo in The Young Pope e Andrea Agnelli deve mettersi in testa che non c’è nessun Paolo Sorrentino a costringerlo mezzo copione all’invisibilità e che è il momento di mostrarsi in pubblico a tutto il popolo juventino e parlare.
In questo momento anche se il Re è nudo è importante che un Re da qualche parte in zona Continassa ancora ci sia e che non scappi via appena dopo aver sentito i primi colpi di cannone.
E che non ci costringa a fare la fine della Perego, a conversare con una persona in evidente stato catatonico.
«Presidente? Presidente?!»
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