Giorgio Chiellini e Gigi Buffon, una storia edipica
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  • Immagine del redattoreElia Robino

Giorgio Chiellini e Gigi Buffon, una storia edipica

Aggiornamento: 30 mar 2021



Milleduecentosette presenze in due, quindici stagioni da compagni di spogliatoio e nelle ultime nove stagioni il capitano della squadra bianconera è sempre stato uno di loro due: Gianluigi Buffon e Giorgio Chiellini.


Scrivere delle incredibili carriere di questi due giocatori è un atto quasi banale, entrambi in B nel momento più buio per la Juventus, entrambi protagonisti nella grande cavalcata che ha portato a mettere in bacheca ben nove scudetti consecutivi, un’impresa che oggi sembra quasi banale ma che verrà ricordata – come è ricordato ancora oggi il quinquennio d’oro degli anni ’30 – in tutti gli albi di storia sportiva del Paese.

Eppure, proprio perché è facile parlarne bene, oggi proviamo a parlarne male.


A distanza di oltre 2000 anni da quelle Idi di marzo che portarono alla morte di Giulio Cesare proviamo anche noi a tirare alcune coltellate ben assestate nella schiena dei nostri senatori – per correttezza furono i senatori a colpire il dittatore romano all’epoca, ma non perdiamoci nei dettagli – e mettiamoli alla berlina ora, perché il tempo utile al cambiamento è stato già ampiamente superato.


Una storia “edipica”


La storia dell’Edipo Re la conosciamo tutti: Laio, padre di Edipo e re di Tebe, viene ammonito dall’oracolo di Delfi: lui verrà ucciso da suo figlio, il quale poi giacerà con Giocasta, sua moglie nonché madre del bambino.

Le contromisure di Laio metteranno in moto gli eventi che porteranno al compimento della profezia che finirà come tutti sappiamo: la morte per uno screzio con l’inconsapevole figlio, il suicidio di Giocasta una volta venuta alla luce la verità e l’accecarsi di Edipo per evitare di continuare a vedere davanti ai suoi occhi i peccati di cui si è macchiato.

Il peccato originale di tutta questa storia è la mancata conoscenza. Laio che non si accerta se il figlio sia morto o meno, ed Edipo che va incontro al suo ineluttabile destino inconsapevole della sua identità.

Ed è appunto la conoscenza a fare la differenza tra la tragedia di Sofocle e la situazione odierna di casa Juventus.

L’elefante è in mezzo alla stanza da troppo tempo perché venga ignorato e i nostri due Laio, Gigi e Giorgio, vanno metaforicamente uccisi affinché avvenga nella maniera più naturale possibile la sostituzione con i leader del prossimo ciclo bianconero.

I nostri due ingombranti “padri” hanno già lasciato abbastanza cadaveri alle loro spalle – i due più clamorosi Rugani e Cancelo – ed è ora che vengano messi da parte.


Nella psicologia il complesso di Edipo è – detto molto semplicemente – il processo in cui il bambino si rende conto che la sua vita non può essere dipendente per sempre dalle figure genitoriali e che con sforzo e sofferenza comincia a intraprendere il percorso indipendente nella strada della vita.

Ed è quello che devono fare i giovani calciatori della Juventus. Dopo quindici anni è naturale che il fuoco dell’identità bianconera passi a qualcun altro. È necessario per evitare che questo si affievolisca fino a diventare l’ombra di se stesso, e questo passa per forza dalla fine del ruolo dei vecchi e dalla loro sostituzione con altri calciatori che possano diventare il nuovo centro sportivo ed emozionale della squadra.


Da rivoluzione a reazione: il fattore Agnelli


I miti e la storia ci raccontano che gli stessi che rovesciano il potere precostituito per creare un mondo nuovo possono nel futuro diventare loro stessi delle cariatidi che andranno abbattute dalle nuove generazioni.

Fa specie vedere lo stesso presidente che allontanò con forza (e anche giustamente) Alessandro Del Piero dall’ambiente Juventus nel 2012 per dare la possibilità a una coppia di dirigenti sportivi emergenti come Marotta e Paratici di mostrare di che pasta fossero fatti e che si accompagnava col ruolo di vicepresidente con una ex stella come Pavel Nedved, diventare l'emblema della reazione dal punto di vista sportivo e societario.

La prima testa a cadere fu quella di Massimiliano Allegri, colpevole di voler rivoluzionare la rosa dopo due anni dove anche i meno attenti sentivano aria da caduta dell’Ancien Régime. Seguirono Marotta e altre varie figure della dirigenza che lasciarono un po’ l’idea dall’esterno della creazione di un nuovo gruppo di lealisti al presidente, forse addirittura vari yes-men che potrebbero essere parte delle cause della confusione che da tempo sembra farla da padrona alla Continassa.


Che Andrea Agnelli sia passato da giovane rivoluzionario e essere lui il re pazzo di cui far rotolare la testa?

Per sua fortuna questa non è un’opera letteraria – a nessuno interessa leggere di un vecchio pazzo che rinsavisce e torna a fare le cose per bene – ma la realtà. Dunque c’è ancora possibilità di redenzione per AA, che però passa per forza per un taglio netto con il passato, in primis con i saluti a Gianluigi Buffon e Giorgio Chiellini, rimasugli di una Juventus che non esiste più e che deve necessariamente lasciare il passo alla Juventus che verrà.

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