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Diamo i numeri

Immagine del redattore: Carlo BaroneCarlo Barone

Numeri, numeri, numeri. Le cifre e i calcoli riempiono pagine e bocche nel mondo del calcio fin da quando i vari Transfermarkt e simili hanno iniziato a raccogliere statistiche di qualsiasi tipo, dalle più banali come gol/assist realizzati, fino ad arrivare al numero di partite vinte con il giocatore X in campo e disputate in campo neutro con allineamento di Urano e Mercurio e con lo scappellamento a destra come se fosse antani. Dall’alto del mio 18 e lode in probabilità, vorrei portare un mio pensiero in merito.

Ad esempio, Rabiot viene considerato bene da alcuni perché, cifre alla mano, è uno dei giocatori con più palloni recuperati e più contrasti vinti, sia a livello di squadra. Il dato in sé dice che effettivamente è così, l’assunto che ne viene ricavato è che Rabiot sia un giocatore fisicamente forte che vince i contrasti, un elemento utile alla squadra. E allora come mai metà dei tifosi lo detesta e l’altra metà non lo sopporta? C’è in particolare un fermo immagine emblematico che lo spiega: attorno al 55’ di Empoli-Juventus Rabiot era a centrocampo in controllo palla; Bandinelli dell’Empoli gli corre incontro e con una spallata lo butta per terra come un sacco di patate. La scena è stata molto grottesca, quella che, vissuta da imparziale causa corpose “snoffate” istintive, e da tifoso genera sacramenti di varie entità e destinatari. E non è stata la prima volta - in tante altre situazioni il Duca Triste si è fatto arpionare il pallone dal Puffo Calciatore di turno facendosi spostare con una violenza ingloriosa per un toro di 1.88 m per 80 kg di quasi soli muscoli.

A onor del vero Bandinelli non è propriamente un tappo, ma è comunque 10 cm più basso e 10 kg meno spesso di Rabiot, che lo abbia spostato con questa facilità denota da parte del francese un grande problema di attitudine, che inficia di molto il mero dato numerico sui contrasti. In altre parole, vincerà tanti contrasti, ma se quelli che perde sono questi…

Non si può poi non citare Dybala: l’argentino teoricamente dovrebbe essere l’uomo da pochi gol, ma buoni. Non è il puntero da trentacinque-quaranta gol annui, ma una ventina fra tutte le competizioni sono un buon target, e ora come ora siamo a circa dodici. Contando infortuni e quant’altro, sicuramente è un buono score in prospettiva, in linea con cosa ci si aspetta; non solo, anche andando a vedere i dati degli anni passati si vedono cose numericamente buone - tolta la tremebonda annata scorsa, parliamo di un giocatore che la doppia cifra l’ha sempre raggiunta, facendo anche parecchi assist, ecc… Come mai dunque una nutrita parte del tifo juventino lo malsopporta, ne caldeggia l’addio a zero e altre amenità?

In primis, la discontinuità: è vero che il target di gol e assist è stato sempre buono, ma ha alternato annate da dieci gol ad annate da trenta senza soluzione di continuità, annate da trenta che peraltro non si verificano da un po’ di tempo. Poi, gli viene attribuita la capacità di segnare dei gol “out-of-nowhere”, vale a dire quelle giocate che escono dal nulla per sbloccare situazioni spinose. Questo in passato si vedeva tutto sommato spesso, ma da due-tre anni ormai si contano sulle dita di una mano.

In Champions League questo non accade da Juventus 2-1 Lokomotiv Mosca, mentre quest’anno in campionato ha sbloccato situazioni tese con Udinese (andata), Salernitana (andata e ritorno) e Sampdoria, più un gol all’Inter su rigore e un golazo a giro contro la Roma, vanificato dai colpi romanisti, e riabilitato da De Sciglio e Szczesny. In generale, non sono pochi gol di per sé e non se ne nega l’utilità, ma sono stati praticamente tutti realizzati contro avversari dal quindicesimo posto in giù, in Champions neanche ne parliamo. In mezzo, un sacco di partite smorte, quasi tutti i big match giocati col freno a mano tirato e un sacco di infortuni inspiegabili visto che nessuna analisi riporta lesioni.

Citiamo poi un caso d’Oltremanica, senza discutere il valore del giocatore, ma solo per far riflettere su come i numeri valgano fino a un certo punto: Kevin de Bruyne. Questo centrocampista totale per avere il quale saremmo disposti a tutto, ha licenziato i suoi procuratori e si è avvalso dell’aiuto di un team di data analysts e statistici, che, analizzando ogni possibile dato a lui legato, sono giunti alla conclusione che KdB sia imprescindibile nel progetto tecnico del City e di come il suo apporto sia determinante, in linguaggio matematico costui “sbaglia” una-due partite annue. Si pensa che a uno così un rinnovo da 20 milioni annui si faccia senza neanche pensarci, ed effettivamente è stato fatto - Il dato numerico è incontrovertibile; la realtà dice, tuttavia, che quell’una-due partite sbagliate - per calo di testa suo o per una gomitata di Rüdiger - siano regolarmente una-due partite decisive in Champions League, obiettivo dichiarato e mai raggiunto dalla squadra di Guardiola. Di nuovo, il valore del giocatore è indiscutibile, ma “i numeri non mentono”...



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