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Immagine del redattoreAndrea Giostra

Dejan Kulusevski e il dialogo tra le linee ritrovato



Il secondo tempo del Mapei Stadium, che ha consegnato alla Juventus la sua quattordicesima Coppa Italia, rappresenta sicuramente una delle migliori prestazioni stagionali della Signora.

Raramente si è vista simile aggressività, corsa in avanti e profondità.

La squadra di Pirlo che, almeno inizialmente, aveva intrapreso un percorso basato sulle prerogative sopra elencate, ha man mano smarrito il sentiero, complici i problemi di rosa e l’enorme difficoltà nel tenere attaccata la spina a livello mentale. Un passo avanti e uno indietro, per intenderci.


In questo modo il “credo” iniziale di Pirlo è stato mano a mano abbandonato e sostituito da un assetto sicuramente più quadrato, ma molto appiattito su sé stesso: quante volte abbiamo perso le staffe dopo minuti e minuti di possesso orizzontale (siamo la squadra con maggiore possesso palla in Italia, seppur questo sia manifestamente sterile, ndr), e quante volte la mancanza di dialogo tra mediana e reparto avanzato ha compromesso l’approvvigionamento di palloni per Ronaldo e Morata.


Ma ieri sera, magicamente, riecco l’elemento che più è mancato nella parte cruciale della stagione: la palla tra le linee giocata verticalmente, con coraggio.

Sia Rabiot che Bentancur hanno fatto più volte questa giocata con ottimi risultati, e il ricevitore designato era sempre lui: Dejan Kulusevski.


Per la sistematicità ed efficacia della giocata è balzato all’occhio che fosse una cosa “provata” sulla base delle caratteristiche dell’Atalanta:

DK44 svariava orizzontalmente su tutto il fronte d’attacco circa un metro avanti la linea difensiva nerazzurra, ricevendo di spalle o lateralmente e gestendo il pallone con quattro principali soluzioni, adottate in base alla zona di ricezione:

1) palla all’esterno di fascia in ampiezza o in inserimento;

2) dialogo con Ronaldo;

3) palla verticale per l’inserimento dei centrocampisti (Mc Kennie su tutti);

4) conduzione e iniziativa personale.

La posizione di Kulusevski in occasione dell’assist per il vantaggio di Chiesa


Una posizione che, complice l’ispirazione del Classe 2000, ha mandato fuori giri l’Atalanta, presa tra i reparti da quel movimento, e ha permesso alla Juve di trovare soluzioni offensive differenti che hanno cubato un buon numero di occasioni, almeno 4 nel corso della ripresa.

Personalmente, guardando la partita, ho accolto con entusiasmo questa lettura perché, oltre ad essere nettamente visibile in tv, mi ha ripagato di mesi di circolazione orizzontale priva di qualsiasi dialogo tra reparti, che sfociava nel solito cross di Cuadrado (sempre sia lodato) o 1 vs 1 di Chiesa (lode a te o Chicco).


Un punto di partenza su cui lavorare, a cui non deve però mancare la componente mentale, il vero fulcro che ha permesso alla Juventus di dominare il secondo tempo.

Contro squadre fisiche come la Dea vincere i duelli e far proprie le seconde palle diventa di vitale importanza.


Il 4-4-2 ibrido, che aumenta la sua carica offensiva con l’avanzamento a turno di Chiesa o Mc Kennie, potrebbe essere una soluzione su cui impostare il lavoro per il futuro (con o senza Pirlo?), da affiancare – ovviamente – a un processo di revisione della rosa oculato e poco dispendioso (l’emergenza Covid si paga), volto alla risoluzione di alcuni equivoci tattici e di incompatibilità tra uomini – soprattutto a centrocampo e davanti – garantendosi le prestazioni di giocatori magari meno talentuosi, ma capaci di garantire continuità di prestazioni e, soprattutto, una tenuta mentale superiore a quella vista in questa travagliata stagione.





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