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La mente è un muscolo.




Risveglio amaro stamattina. Tra l’arrabbiatura di sabato, affogata nei cocktails ingeriti dopo le 22:45, e ciò che abbiamo visto ieri sera, essere lucidi nelle analisi e guardare con fiducia al futuro non è affatto semplice. Ma affidiamoci alla penna e facciamo un tentativo.


La vittoria dell’Inter di ieri sera, per le modalità con cui è arrivata, pesa come un macigno nelle dinamiche per la corsa al titolo. I nerazzurri agganciano la Juve in vetta, ribaltano il derby con una reazione di grande livello. Benzina sul fuoco, insomma, e sappiamo come Conte si alimenti di questi momenti e, da grande motivatore quale è, li utilizzi per fomentare i propri giocatori. Si apre, a partire da oggi, una corsa punto a punto che durerà, verosimilmente, fino a maggio.


La cosa un po’ preoccupa. Sappiamo bene quanto sia pericoloso un corpo a corpo con una squadra di Conte, per questo è da ottobre che speravo che ciò non accadesse ma - in cuor mio - lo sospettavo. Soprattutto perché la Juve di quest’anno, la prima dell’era Sarri, pare avere delle grandi difficoltà sotto il profilo psicologico e di atteggiamento in campo. L’infinita discussione sul come sia costruita la rosa, sull’atteggiamento tattico, sui moduli, sul ruolo e sulle caratteristiche dei giocatori oscura, ad avviso di chi scrive, un grande problema dal punto di vista mentale.


La Juve ha perso, almeno in parte, la "sua" foga. Nel corso degli anni ricordo che accoglievo quasi con piacere uno schiaffone da parte di una “piccola” nei periodi più opachi, perché sapevo cosa sarebbe accaduto dopo. Preso lo schiaffo, si ripartiva con un filotto di otto o dieci vittorie di fila, o con lunghe serie di clean sheets, che avrebbero demoralizzato anche il rivale più accanito, sfinendolo.


Il predominio di cui parla sempre Sarri pare essere, invece, una manifestazione di superiorità prettamente territoriale, di campo, e meno psicologica. Un assetto diametralmente opposto a quello visto non solo con Allegri, ma in generale nella storia Juventina. Il “dominio” juventino si manifestava in altre forme: la capacità di annichilire un avversario che, pur attaccando per due giorni, sapeva che non avrebbe segnato; la paura della squadra avversaria che, in vantaggio e sfoderando una grande prestazione era consapevole, nonostante ciò, che la Vecchia Signora le avrebbe fatto uno scherzetto, e così via.


Siamo quindi di fronte ad una rivoluzione. Giusta o sbagliata che sia, se si è fatta una scelta va difesa e supportata al 100%, con l’aiuto della società e dei senatori (invocato dallo stesso Sarri).


Il progetto tecnico intrapreso, rivoluzionario rispetto agli assetti precedenti, comporta un necessario periodo di adattamento, che si manifesta in questa squadra “ibrida”, che pressa male offensivamente, conseguentemente si allunga lasciando quaranta metri di campo tra la prima linea (saltata sistematicamente) e la difesa che, in imbarazzo per colpe non solo sue, difende con grande apprensione. Sulla difesa posizionale, sia nelle fasi di gioco che sulle palle inattive, meglio non approfondire.


I numeri di questa stagione, seppur di non facile lettura, sono il manifesto di questa situazione. In termini di punti e di risultati, ad oggi, non si può dire nulla. Primi in campionato, agli ottavi in Champions League, in semifinale di Coppa Italia. La grande qualità dei giocatori in rosa ha sicuramente aiutato. Il lato oscuro è la differenza reti. Questa squadra ad oggi, ha preso il doppio dei gol di quella della scorsa stagione (ventitre contro i dodici del 2018-19) e segnato di meno (dal 7 dicembre ad oggi venti gol fatti e quattordici subiti, un ruolino di marcia non entusiasmante).


Questa situazione è il frutto della difficile assimilazione di nuovi concetti di calcio, che Sarri sta cercando di applicare con un grande lavoro di stampo tattico (che sia uno stacanovista è noto a tutti). Al netto del fatto che forse, per come è costruita la rosa, mancano giocatori in grado di interpretare questa filosofia, sono convinto che prima o poi vedremo risultati più convincenti.


Ma non siamo ad agosto, siamo a febbraio. Non possiamo fermarci a ragionare di teorie, di progetti. Dobbiamo scendere in campo ogni tre giorni e giocarci gli obiettivi stagionali, perché tutto si decide ora. E certi treni passano solo una volta, e vanno presi.


Obiettivi imminenti, soluzioni imminenti.


Ci lanciamo, quindi, in un consiglio per il mister bianconero, da estendere a Nedved (che se ne intende di questo argomento), e ai senatori. Va benissimo il lavoro di campo, ma iniziamo a lavorare anche sulla determinazione, sulla voglia, sulla tipica “fame” juventina (sicuro che Pavel ne sappia qualcosa). Va riconquistata una caratteristica propria dei colori bianconeri. Se il mister non conosce molto bene questo aspetto dell’essere Juve, che lo aiutino gli altri.


Nell’assimilazione di una nuova idea di calcio, solo una cosa può aiutarti a limare i Tuoi problemi, avere più voglia di vincere del tuo avversario. Con più cattiveria attaccherai meglio la zona, arriverai prima sulla seconda palla, vincerai un contrasto, farai fischiare un pallone pericoloso lontano dall’area. Non è un segreto che spesso la testa conti più delle gambe, specialmente quando devi uscire dai “casini”. L’esempio perfetto è la squadra vista negli ultimi anni, che non soprendeva per qualità del gioco, ma al triplice fischio era davanti al suo avversario. Mentalità. Tutto qui.


Ad oggi, fortunatamente, nulla è compromesso. Siamo in corsa su tutti i fronti, e in tempo per capire la situazione. Gli stimoli non mancano, Conte ce ne sta fornendo a dismisura. Lavoriamo sulla testa - San Ronaldo guidaci - e limeremo le inevitabili ed oggettive difficoltà che la rivoluzione in atto comporta. Dove non arriviamo con gli schemi, possiamo arrivare con la voglia.


Del resto, citando provocatoriamente Ted Turner, “la mente è un muscolo”.

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