La gestione dei “vecchi” in una squadra è da sempre un problema annoso, specialmente se questi sono stati fortissimi, imprescindibili, financo bandiere; lo si sta vedendo in questo inizio di stagione con Giorgio Chiellini e Leonardo Bonucci, con un focus particolare sul primo.
Il “piccolo infortunio” rimediato dal centrale livornese nel riscaldamento di Juventus-Fiorentina, che i maligni - me compreso - avevano additato come tentativo di preservarsi per l’imminente Italia-Svizzera, si è rivelato un inciampo fisico che terrà King Kong lontano dal campo per almeno tre partite di campionato: in altre parole, un mese almeno fuori per “aver sentito tirare nel riscaldamento”. Non pensiamo ci sia bisogno di sottolineare quanto grottesca suoni la cosa… Sua Nasezza, poi, non è storicamente esente da infortuni: un infortunio al polpaccio con cadenza annuale è puntuale come un orologio svizzero; in più, quest’uomo si è rotto il crociato a trentacinque anni, un infortunio che ammazzerebbe sportivamente anche il più integerrimo degli atleti. Lui, invece, è tornato più forte che mai (circa).
In generale, la situazione descritta è quella che si verifica puntualmente quando un grande “vecchio” raggiunge l’apogeo della carriera: il gestirlo diventa sempre una grana, e si entra puntualmente in quel rischiosissimo alveo del “Sì, è vecchio e decrepito, ma dice ancora la sua”. Questa frase è una potentissima arma a doppio taglio: perché sì, effettivamente molti giocatori, ancorché avanti con gli anni, danno ancora garanzie in campo, ma spesso presentano acciacchi e cali di bravura.
Istintivamente, l’assetto migliore in questi casi sarebbe riuscire a ridimensionare il “vecchio”, impiegandolo poche volte e massimizzandone la resa. Tuttavia, non va sempre bene… Il problema che nasce è duplice: in primis, detto “vecchio” potrebbe non gradire o comunque non accettare il ridimensionamento, che è un’emozione molto umana e fisiologica - a nessuno piace sentirsi dire “Non servi più”, soprattutto a neanche quarant'anni. In secondo luogo, il fatto che “dica ancora la sua” potrebbe portare gli allenatori a utilizzare questi giocatori più del dovuto, il classico caso in cui l’usato sicuro torna sicuramente più utile di una scommessa.
Riguardo al non accettare il ridimensionarsi, il precedente più vicino è Gianluigi Buffon: dopo la parentesi parigina, nel 2019 tornò a sorpresa alla Juventus in veste di “dodicesimo”; se l’idea poteva essere buona sulla carta, si rivelò controproducente in quanto Buffon tornò a costituire una ingombrante presenza di “senatore” in spogliatoio, e soprattutto minò la stabilità di Szczęsny. Al di là delle otto presenze il primo anno, inserite in contratto per poter superare Maldini nella classifica all-time, il secondo anno - complice un non-allenatore che mai scisse il suo trascorso sul campo dalla sua nuova veste di tecnico - è emerso chiaramente come volesse essere ancora lui il titolare; tutto ciò avvalorato da prestazioni di Szczęsny in calando e dai tifosi che invocavano un ritorno alla titolarità di Gigione. Quest’ultimo punto è foriero di forti discussioni: da un lato è vero, le prestazioni dell’ultimo Buffon, come anche quelle di Chiellini, sono sempre state di livello alto; tuttavia, bisogna anche valutare quante di esse vi sono state: per Buffon si parla di quindici presenze in due stagioni, Chiellini forse una trentina, sicuramente non i gettoni di due titolarissimi. E qua casca l’asino.
Perché a me, tifoso qualsiasi, sta anche bene avere un giocatore al livello di Chiellini in rosa, perché ha esperienza e quant’altro; ma non posso e non voglio che sia lui il titolare inamovibile. Perché che, fisicamente, un uomo sulla trentina abbondante riesca a reggere il ritmo di una squadra top che disputa fra le quarantacinque e le sessanta partite in stagione, è tutt’altro che garantito. Chiaramente, dipende da vecchio a vecchio: alcuni accettano la cosa con più serenità, altri invece no, e sembrerebbe proprio il caso dei due citati: Chiellini gode di una stima di allenatore e società che ormai non riesce più a ripagare, non già per imperizia tecnica ma proprio in termini di affidabilità fisica: una Ritmo Euro "-3" del 1980 avrebbe meno problemi, ma non pretenderebbe di giocare titolare alla Juve, e qua si arriva al secondo punto: l’utilizzo eccessivo.
Guardando anche ad altri lidi, siamo in un mondo dove due mostri come Lahm e Schweinsteiger si ritirano a neanche trentacinque anni, nonostante ne avessero ancora da dire, per lasciare spazio a nuove leve; da noi, un centrale quasi trentasettenne col fisico di un pensionato pretende ancora la titolarità, e l’allenatore e i tifosi gli vanno anche dietro e lo accontentano. Perché questo è il problema più grosso: non è soltanto il giocatore ad avere la pretesa di essere la prima scelta in difesa, ma sono anche tecnico e tifosi a caldeggiare questo; alla Juventus attuale, un ambiente deciso che metta la gente al proprio posto servirebbe, e invece il tecnico continua a fare affidamento sul Chiellini di turno, specialmente nelle partite di cartello, preferendolo ad alternative magari meno forti tecnicamente, ma sicuramente più continue e affidabili sul lato fisico.
Conte e Spalletti ebbero, non senza qualche problema, la personalità di mettere in panchina e far forzatamente accettare la loro condizione di giocatori a fine corsa a Del Piero e Totti, non proprio gli ultimi due arrivati… forse un tecnico più “acceso” in quel senso sarebbe stato più utile, soprattutto avendo in casa gente come Demiral, Drăguşin e de Ligt, che per più motivi meriterebbero una chance, anche soltanto per mere questioni di lunghezza della rosa e ampliamento del ventaglio di scelte tecniche.
È per questo che non è difficile credere alle voci di malcontento di elementi come de Ligt; sull’Olandese Volante c’è da dire che, se fosse soltanto considerato un giovane in rampa di lancio, avrebbe un buon minutaggio; siccome però ci sono stati spesi circa 80 milioni e prende uno stipendio da top, è doveroso che sia considerato lui il titolare, invece tocca vedere ogni singolo big match affidato a Chiellini; i risultati non sono male, perché appunto, la Canappia Rubizza “dice ancora la sua”.
Tuttavia, continuare a puntare su di lui in maniera così estensiva, non è una mossa molto lungimirante, “mi sia ‘onsentito dire” (cit.). In conclusione: è giusto che si lasci spazio ai giocatori più “datati”, per vari motivi. Tuttavia, deve essere loro responsabilità in primis capire quando è ora di darci un taglio, e, se non lo capiscono loro, devono essere instradati in quella direzione da altri. È un lavoro per certi versi gramo, ma va fatto, prima o poi… Fa parte della vita.
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