“...È fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione”. La definizione del Perozzi calzava a pennello col talento negli scherzi del Necchi (Amici Miei, Monicelli, 1975), e noi vogliamo adattarla a cosa abbiamo visto fare al recente neoacquisto col numero “7” sulle spalle.
È il minuto numero sessantasei di Empoli - Juventus, valida per la ventisettesima giornata della Serie A 2021-2022: al “Castellani”, dopo un primo tempo interlocutorio chiuso in vantaggio grazie a Kean e Vlahović, lo stesso attaccante serbo si lancia in un contropiede, mentre il pallone lo ha Morata.
Lo spagnolo intravede il compagno, e prova a lanciarlo. La palla è un po’ corta, ed è a quel punto che il genio si intravede: la sfera urta la caviglia di Vlahović, e lui, in una frazione di secondo, se la sposta avanti col tacco, scartando così in una mossa sola due difensori, per poi arrivare dinnanzi a un portiere che ha coperto tutto, e scavalcandolo con un pallonetto destro in controtempo.
Nel 1513, Baldassar Castiglione definiva nel suo trattato Il Cortegiano tutto ciò che dovesse definire un buon uomo di corte, un gentleman puro: fra le varie caratteristiche vennero citate la grazia e la sprezzatura, in altre parole: il talento nel riuscire a fare cose difficili, e l’ancor più difficile capacità di farle apparire facili. Insomma, Vlahović potrebbe benissimo essere un cortegiano di prim’ordine, se riesce a fare qualcosa come quanto descritto sopra e a farlo anche apparire semplice.
Citiamo anche, a titolo d’esempio, il golazo marcato all’Estadio de la Cerámica di Villarreal: aggancio, un’alzata di testa, e destro bruciante sull’altro palo.
Insomma… potremmo aver preso un genio.
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